Pinguini sullo Stretto di Messina
(estratto da: "Calabria Sconosciuta" - Anno 1, n. 3 - RC, 1978)
Pinguini sullo Stretto
V’è a nord di Reggio un rilievo di neppure 400 metri di altezza, le cui pendici occidentali degradano dolcemente verso il mare. Si tratta, per intenderci, di un grosso ammasso sedimentario (sabbioso-conglomeratico) che costituisce la collina di Pentimele e che, da tempo immemorabile, si erge a guardia dello Stretto.
Esso è stato sempre visto come baluardo della città, tanto che, in altri tempi, non tanto lontani, vi hanno costruito sopra due arcinote fortezze che, per la loro posizione strategica, permettevano agli occupanti di sorvegliare e dominare gran parte del giro d’orizzonte.
Oggi, meno bellicosamente, la collina di Pentimele è fatta oggetto di numerosi studi per un suo moderno e più adatto utilizzo a fini turistico-ambientali, senza peraltro supporre che l’idea, affatto malvagia, non è né nuova, né originale. Vi è stato infatti chi, 100.000 anni fa o giù di lì, ha avuto la stessa trovata !
Ha eletto -come stiamo per dire- questo posto a suo domicilio, insediandovisi con tutte le comodità, cacciando, pescando e ritemprandosi ai raggi del sole per tutto l’anno.
Dobbiamo sapere che la collina, prima di mezzo milione di anni fa, non esisteva ed al suo posto si trovava acqua marina più o meno fresca. Quando poi emerse dalle acque, ci passarono sopra i rappresentanti dei vivi, animali o piante che fossero ed è chiaro che, volendosi occupare di queste creature, occorre andare al reperimento delle tracce che hanno lasciato.
Qui vogliamo appunto interessarci, per curiosità di significato turistico, nella notte della preistoria, di un volatore decaduto e di un cucciolo d’uomo primitivo, i resti dei quali ci sono capitati sotto mano.
Tra le sabbie e i ciottoli di quota 102, poco oltre la cava Leone, quasi sullo svincolo autostradale per il porto, anni or sono venne alla luce una tibia di Alca impennis che è poi una sorta di pinguino dell’era quaternaria.
A questo punto vien da chiedersi: che ci faceva dalle nostre parti questo uccello, impoverito anzitempo, tanto da rimetterci persino le penne ?
I pinguini, strani uccelli che vivono al polo sud (il polo nord non è cosa che gradiscono), sono nobili decaduti. Volavano un tempo, forse, come tutti gli uccelli, poi, si sono “imborghesiti” o, per meglio dire, hanno trovato più comodo e magari, un tantino più snob, dedicarsi agli sports subacquei.
Hanno smesso le penne, indossando la muta di sommozzatore. Però a ricordare l’antico lignaggio, l’hanno resa simile ad una marsina, priva peraltro di tutti quei fronzoli e quegli orpelli che, sott’acqua, sono più d’impaccio che altro.
Si tuffavano, dunque, e pescavano pesci, molluschi e crostacei - i cui resti fossili, d’altronde, sono abbondantissimi nella zona in questione - con una agilità da fare invidia anche al più provetto pescatore subacqueo.
CARATTERI
I piedi palmati e le corte ali, ormai inadatte al volo, li facevano nuotare alla bella velocità di circa 40 chilometri l’ora.
Dovevano anche vivere in fitti branchi, abbastanza diffusi e sulle nostre coste, certamente stanziali ché gli altri unici reperti circummediterranei sono di Gibilterra e di Grotta Romanelli in quel di d’Otranto.
Forse, stanchi dei soliti lidi o per evitare la concorrenza, si erano avventurati da queste parti, in cerca di nuove zone di pesca, attratti anche dall’ospitalità del meridione.
Doveva essere uno spettacolo per l’uomo di quei tempi – siamo infatti nell’età della pietra – vedere queste numerosissime colonie !
Egli, infatti, non era avvezzo come lo siamo oggi, a certi assembramenti. Noi, più modernamente potremmo paragonare questa folla a quella che c’è in una pubblica piazza, durante una manifestazione cittadina, ma il povero ominide, che confronti poteva fare lui, che condivideva la sua magra esistenza con gruppi sparuti su lande sterminate?
Certamente assisteva a questi spettacoli con occhi sbarrati, sbigottiti e vogliosi ad un tempo, giacchè questi animali potevano costituire la pietanza del menù quotidiano.
Ma quello per cui si distinguevano questi uccelli, era la loro pudicizia; non come certi giovani d’oggi che, senza remore, si sbaciucchiano e fanno sconcezze «coram populo». Queste bestie, all’atto della riproduzione, dovevano comportarsi come i loro più prossimi congeneri attuali: i pinguini.
Questi evitano la folla, si appartano in certe aree distanti dal mare e qui mettono su famiglia. Si assiste così ad una ininterrotta processione nei due sensi: dai luoghi di nidificazione, alle coste marine e viceversa. Ciò accade anche perché è il maschio che viene lasciato a covare le uova, mentre la femmina lascia il luogo della riproduzione, per andare in mare a fare una cura «ingrassante»; come una provvida massaia va a fare la spesa fra le onde, per poter provvedere, al rientro, all’alimentazione del neonato.
È una intelligente ripartizione dei compiti. È ciò che le femministe di oggi esasperano: la parità dei diritti e dei doveri, l’uguaglianza fra i due sessi.
I maschi, sfiniti e dimagriti, in conseguenza del lungo digiuno sopportato per la cova, vanno a ritemprarsi in mare solo al ritorno della femmina. Alternativamente così i due genitori si riposano e si ristorano, nutrendosi abbondantemente tra i flutti. (Che mirabile esempio di cavalleria: prima le donne … !!!).
LA FINE INUSITATA
Orbene, questo educato uccello che, tra mille difficoltà era sopravvissuto in Islanda fino al XIX secolo, fu oggetto di una caccia spietata ad opera dell’uomo che lo ricercava per la morbidezza delle sue piume usate per confezionare cuscini. Fatto oggetto di cotanta attenzione, onde evitare di finire calpestato e bistrattato fra ottomane e sofà, saggiamente tolse il disturbo e sparì dalla faccia della terra nel 1844.
Oggi fa bella mostra di sé, solo impagliato, nei grandi musei di storia naturale. (È l’uomo che forse vuole tacitare il rimorso…).
La sua prematura scomparsa fu certamente agevolata anche dallo strano comportamento che hanno i pinguini in caso di pericolo. Anziché ripararsi in mare, nel quale sono abili nuotatori, si spingono verso l’entroterra, dove incedono malsicuri e a balzelloni, aiutandosi con le ali, con pochissime possibilità di salvezza.
Che abbiano cercato, in tal modo, quel tenero e protettivo abbraccio che il mare negava loro per la presenza di orche, di squali e di altri feroci antagonisti ? Che abbiano pensato di cavarsela con l’uomo, scegliendo tra due mali, il minore ? Sta di fatto che anche fra gli scogli e gli anfratti, sono stati snidati e massacrati ferocemente.
Mai fidarsi delle apparenze ! L’uomo è vero, non ha unghie né artigli, è sì sprovvisto di denti acuminati, non possiede un morso velenoso, né una coda poderosa, ma solo in apparenza è nudo come un verme; in realtà possiede un’arma temibilissima che non teme confronti: l’intelligenza ! Ma di questo parleremo un’altra volta.